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Sulle tracce dell’orso delle caverne: paleontologa studia i fossili della grotta di Veja (Lessinia)

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Elena Ghezzo ha condotto la prima di una serie di campagne di scavo. Primo obiettivo datare i reperti e far luce sulla convivenza tra uomo e animali nell’area nel periodo tra i 30 e 20mila anni fa

VENEZIA – A Nord di Verona, nell’area collinare nota per il vino Valpolicella e il Parco della Lessinia, c’è una cavità carsica ricca di resti fossili, studiati solo parzialmente, che possono raccontare molto dei millenni di convivenza tra uomo e fauna e dell’ambiente dell’area prima, durante e dopo l’ultimo evento glaciale. Si tratta della Grotta di Veja, sovrastata dal più noto Ponte di Veja e attualmente frequentata da una delle più grandi colonie di pipistrelli del Veneto.

La cavità ha avuto origine in un periodo più recente di 38 milioni di anni fa per l’azione di acque ipogee. Sedimenti l’hanno riempita per tutta la sua lunghezza durante il Quaternario, con tempi e modi ancora sconosciuti. Campagne svolte oltre quarant’anni fa hanno di fatto solo iniziato a raccogliere dati e fatto conoscere l’abbondanza di reperti fossili presenti, ma molto resta da studiare.

Un team di ricerca guidato da Elena Ghezzo, ricercatrice ‘Marie Curie’ all’Università Ca’ Foscari Venezia, vuole finalmente far luce sulla quantità di fossili presenti, datarli, comprendere come e perché i resti animali si siano conservati in tutta la lunghezza della grotta. Il primo passo è ricostruire il contesto temporale e spaziale della presenza di uomo e animali in un periodo compreso tra 30 e 20 mila anni fa. La prima campagna di scavo si è svolta nei giorni scorsi. La prossima si svolgerà a inizio 2022.

“Quello tra 30 e 20 mila anni fa – spiega Elena Ghezzo – è stato un periodo caratterizzato dalla presenza di specie iconiche ed estinte come l’orso delle caverne (Ursus spelaeus) e la iena (Crocuta crocuta spelaea), ma anche non più presenti nell’area della Lessinia come lo stambecco (Capra ibex) e il lupo (Canis lupus). Queste specie si alternavano e vivevano in competizione con l’uomo che era già diffusamente presente ed organizzato nella regione. Con il materiale raccolto puntiamo a realizzare la prima datazione assoluta del deposito e verificare la stratigrafia di dettaglio degli affioramenti”.

Nuovi reperti dell’orso delle caverne sono effettivamente tra i rinvenimenti di questa prima campagna, assieme a micromammiferi e carboni. Il lavoro dei paleontologi è servito anche a ripulire parte dell’area di scavo da vetri, lattine, accendini e altra spazzatura abbandonata negli ultimi anni da frequentatori non autorizzati.

Pulizia reperti – Ph. Università Ca’ Foscari di Venezia

Le attività di scavo sono supportate dal progetto europeo Marie Curie ‘REFIND’, finanziato nell’ambito del programma europeo Horizon 2020 e condotto da Elena Ghezzo tra l’Università dell’Oregon e il Dipartimento di Scienze Ambientali, Informatica e Statistica di Ca’ Foscari.

Gli scavi sono possibili grazie alla collaborazione del proprietario della grotta, Bruno Lavarini, il Comune di Sant’Anna d’Alfaedo, il Parco Naturale Regionale della Lessinia, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Verona, Rovigo e Vicenza ed il Ministero della Cultura MiC che hanno concesso lo scavo. Inoltre, fondamentale è il contributo dei volontari che hanno partecipato alle attività di vaglio e supporto alla logistica, in particolar modo l’associazione Museo Camposilvano ed il Museo Paleontologico e Preistorico di Sant’Anna d’Alfaedo.

C.S. Università Ca’ Foscari Venezia

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