MESTRE – Non ha garantito la sicurezza della propria cliente. O, meglio, non è riuscita a dimostrare di averlo fatto. E così l’azienda Poste Italiane dovrà rimborsare a L.C., 50enne correntista mestrina, i circa 20 mila euro rubati dal suo conto con il consueto stratagemma del finto sms (o dei finti codici), che, con diverse varianti, sta prosciugando i risparmi di moltissimi clienti di banche e, appunto, Poste
E’ questo, volendo riassumere, il succo del recente pronunciamento adottato dall’Arbitro bancario finanziario (Abf) nel caso della correntista mestrina seguita dall’Adico sul fronte di un raggiro che spopola ormai da almeno due anni in tutta Italia e contro il quale i sistemi di sicurezza degli istituti finanziari non riescono per ora a fare nulla.
La storia della correntista mestrina di Poste Italiane inizia nel 2021 e ha contorni simili a quelli di almeno altri 300 soci seguiti dall’Adico, persone di ogni genere, istruzione, professione ed età. La donna, a inizio del 2021, è stata contattata al cellulare da un sedicente operatore delle Poste – a conoscenza dei numeri identificativi del conto a lei intestato – il quale l’ha invitata ad effettuare alcune operazioni per evitare l blocco dell’applicazione “Banco Posta”. La 50enne mestrina ha ricevuto tramite sms diversi codici da utilizzare per evitare la procedura di blocco, apparsi proprio all’interno della vera chat di Poste Italiane. Come ultimo step, il truffatore ha chiesto alla donna di comunicargli i codici, cosa che è stata fatta e la telefonata s’è conclusa con una raccomandazione finale: “non entri nell’app entro le prossime 48 ore”. Risultato? Quando la vittima ha controllato l’estratto conto, il giorno successivo, ha riscontrato suo malgrado tre operazioni non richieste verso ignoti, per una cifra complessiva di circa 20 mila euro. E così ha deciso di affidarsi all’ufficio legale dell’Adico che ha presentato ricorso all’Abf ottenendo, come detto, una “sentenza” totalmente favorevole.
“La questione per noi è sempre la stessa – spiega Carlo Garofolini, presidente dell’Adico -. Se non si conosce la truffa, non si è in grado di percepirla quando la si subisce. Non c’è colpa da parte delle persone truffate, le informazioni a disposizione del sedicente operatore sono così precise che non si può pensare a un raggiro e gli sms con i finti codici appaiono nella stessa chat contenente i reali messaggi delle Poste. E’ chiaro che le responsabilità sono a capo di chi dovrebbe garantire la sicurezza del cliente. C’è un evidente falla nel sistema degli istituti, non solo delle Poste, che consente agli hacker di entrare nei conti correnti delle vittime e di auto-ordinarsi i bonifici. Qui non si riscontra alcuna leggerezza o ingenuità del cliente, come vediamo dalla tipologia totalmente eterogenea dei truffati, quindi è giusto che venga riconosciuto il rimborso integrale al correntista”.
Da questo punto di vista, nella vicenda della 50enne veneziana, l’Abf ha “accusato” le Poste di non aver fornito prova della virtuosità dei propri sistemi di sicurezza, lasciando intendere una insufficiente protezione del cliente. Da qui, l’intimazione al rimborso.